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domenica 15 gennaio 2017

instantanea-mente

dal mio profilo Facebook:
Non ho mai fatto mistero del fatto che ritenga Facebook un mezzo potentissimo, con i suoi pro (molti) ed inevitabili (insomma, alcuni evitabilissimi ma vabbè) contro. Tra l'altro veramente magnifico da un punto di vista tecnico, con una gamma praticamente sconfinata di funzioni e opzioni che la maggior parte di noi neppure conosce e che le altre piattaforme possono solo sognarsi. 
Ma c'è una cosa che m'intriga di Instagram, rispetto a Facebook. Io uso questo social (Facebook, ndb) con tono confidenziale, come se stessi parlando a delle persone che conosco, se non proprio con amici, con gli stessi identici argomenti che con chi conosco userei in un bar o su una panchina in piazza. Una volta parlo di cazzi miei, una volta scherzo un po sui cazzi tuoi, a volte un po di politica, un gossip su qualche personaggio del mondo dello spettacolo, un po di musica. E naturalmente qualche testimonianza di ciò che occupa una buona parte della mia vita, cioè il mio lavoro con il randagismo e la mia unione civile con i miei "coinquilini" a quattro zampe, ma giusto un po, perchè ho un'apposita pagina per quello. 
Poco più di tutto ciò e, appunto, tutte cose di cui parlo regolarmente con gli amici, con lo stesso tono e lo stesso approccio anche se naturalmente molti dei miei "amici" Facebook non ho la più pallida idea di chi cazzo siano, ma fanno comunque parte del "parterre" e tra l'altro l'hanno scelto loro, dato che io non chiedo amicizie. E perciò si ciucciano i toni e gli approcci che preferisco. Altrimenti si sbagagliano dai coglioni. 
Ma tornando a Instagram, complice il fatto che uno dei miei account, quello che uso di più (il mio personale in genere langue un po), ovvero @Orbetellove, è di natura non personale, è neutro, è al di sopra e al di fuori delle parti, allora ne approfitto per sganciarmi dall'onere di seguire le stesse persone che seguo qui (molte le seguo comunque) per avventurarmi in un mondo che non conosco e per giunta solo tramite l'uso delle immagini, dato che per fortuna ancora molti si attengono alla mission originale di Instagram che sarebbe solo quella di pubblicare istantanee della nostra vita, pubblicate espresso, senza tante divagazioni se non qualche sintetica indicazione generale, e soprattutto senza quelle cagate di massime, di aforismi, di catene etc, e invece conoscere, scoprire, capire, sollecitare un po della mia curiosità sociologica, se mi passate il farragginoso termine un po tronfietto, solo dal flow quotidiano delle immagini.
Il ragazzo ebreo che vive in Germania e che finalmente si gode, tappa per tappa, la sua agognata vacanza israeliana, con i suoi luoghi, i volti, i riti, le emozioni; 
o la bellissima modella bruna con i capelli afro ed i suoi progressi di scatto in scatto, di sessione in sessione, di fotografo in fotografo, vedendola crescere, migliorare, avvicinarsi a dei livelli di fotogenia ora si veramente professionali; 
o il giovane culturista che sorride, che più si fa il culo (e che culo, ma questa è una mia considerazione..) e più ride, con un entusiasmo con cui riesce a contagiarmi da migliaia di chilometri di distanza, al ragazzo che si sente un modello, un vero modello (pure bruttarello e rachitichino, pora stella) ma vivendo questa cosa in un tale stato di grazia che semplicemente commuove, con questa sequela infinita di foto con addosso dei capi non esattamente freschi di atelier, circondato da location periferiche colombiane che se scelte da un istrionico e isterico art director avrebbero un loro perchè, ma che in questo caso sono semplicemente le uniche disponibili aggratis, e avanti così. 
Non mi conoscono. Quella sigletta (Orbetellove, appunto) a loro non dice assolutamente un cazzo, non sanno se sono uomo, donna (ma comunque siamo versatili, fratè) vecchio, giovane, un parroco o un puttanonte. O più semplicemente un operatore turistico. E perciò molto "neutramente" ogni tanto gli regalo pure un commento, in genere lieve, in punta di piedi, perchè sto commentando a nome di Orbetellove (un'entità, diciamo) e un po formale: "complimenti" "bel progresso" "lovely" "interesting". Quando invece la familiarità che finisci con l'acquisire è tale, di giorno in giorno, di scatto in scatto, di mese in mese, che avrei voglia di dirgli: su però, sempre così tamarri voi colombiani: quei pantaloncini sono un incubo; 
attenta: sei borderline tra l'essere seria e solenne che va bene o tetra come una vedova vietnamita, con l'impulso di gridarle "seria fuori, ridi dentro", come faccio spesso. 
Oppure, mi hai scassato il cazzo co sta grisaglia, sei ancora giovane, non un figaccione ma pur sempre gradevole, perchè ste tristezze all'inglese che sono il corrispettivo maschile dei tailleur della Pivetti? Che ok che sono il tuo stile e va benone, ma che però a volte puoì anche un po sbrigliare, destrutturare. 
A volte mi irrito persino un po, a volte rimango un po deluso, a volte mi brillano gli occhi quando l'azzeccano in pieno. Eppure non li/le conosco ne mai lì/le conoscerò. Subentra quel senso di confidenza, di intimità che neppure con gli amici veri, qui su Facebook. Perchè le immagini puoi interpretarle come credi, puoi viverle e dar loro la vita che vuoi, quasi con creatività, perchè l'assenza di parole (specie l'alluvione di fetecchie che, permettetemelo, scriviamo qui (Facebook, ndb)) facilita la curiosità ed esclude l'intolleranza. 
Twitter lo vivo in modo passivo, cioè non interagisco granchè, lo sfoglio quasi come un giornale (dai un'occhiata a questo post e immagina quanto può starmi simpatica la cosa dei 140 caratteri..), Facebook per quello a cui serve è perfetto così.
 Ma Instagram mi porta via per qualche minuto, mi solleva e mi catapulta ora a Tribeca, ora a Guadalajara Puebla, ora dentro l'automobile di servizio di un giovane poliziotto indonesiano. And i just find it lovely.


Orbetellove Instagram

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