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venerdì 23 settembre 2016

la tv all'amatriciana

la bellissima puntata di #Gazebo appena andata in onda, con Diego Bianchi che si aggira tra le rovine di Amatrice e le frazioni adiacenti con la telecamera in mano a poche ore dalla scossa della distruzione mi ha devastato. 
Arrivando letteralmente a "rubare" una bici (è dovuto ricorrere ad un appello proprio stasera per poterla restituire) nell'ultimo tratto per giungere sui luoghi del disastro negli attimi in cui ancora non c'era praticamente nessuno se non pochi abitanti del posto intenti a scavare con le mani per cercare di capire chi c'era sotto quelle vere e proprie montagne di detriti, e facendolo in assoluto silenzio, per ore e ore, semplicemente osservando, documentando, man mano che tutto attorno si accendeva un imponente circo mediatico (internazionale), con l'arrivo del premier e dei ministri ma anche, finalmente, di un'impressionante mole di mezzi di soccorso e volontari. Credo che ore e ore di diretta tv di praticamente tutte le emittenti nazionali e internazionali non mi avevano fatto vedere, quasi respirare quella realtà com'è riuscito a fare Bianchi da solo con la sua telecamera e il suo silenzio. Quella spaventosa sensazione negli occhi della gente quando in pochi istanti tutto è cambiato per sempre, se non addirittura finito, finalmente senza l'idiota di turno che letteralmente molesta gli scampati con domande tipo "cosa si prova". Come se esistesse anima viva in grado di spiegare "cosa si prova" in circostanze come quelle. 
Perchè è evidente che quella roba non si può descrivere ma semplicemente, appunto, provare, ringraziando ognuno il proprio padreterno se si è stati così fortunati da non doverlo fare, come ho fatto io praticamente per tutta la durata della puntata del bel programma di Rai Tre andata in onda poche ore dalla ricorrenza del primo mese dalla sciagura e conclusa con il solito piccolo immenso capolavoro figurativo di quel talento mostruoso che è Makkox che ha invertito il gioco del prima e dopo facendo apparire le immagini di Amatrice distrutta nel prima e di una Amatrice bella, normale, quella di tutti i giorni, nel dopo. Con una scritta che diceva pressappoco "non ci inventiamo cazzate tipo le new-town. Il piano per Amatrice già c'è: è Amatrice".



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