LABELS

ALTROVE (766) UN ALTRO GIORNO (253) QUI E ORA (106) NOTE (8)

venerdì 1 maggio 2015

porci (arrosto) con le ali

probabilmente sono io che sono un po' "Porci con le ali", ma quella specie di Disneyland per cinesi arraffoni che è Expo non è proprio la mia tazza di tè.
Quel mix di paese dei balocchi di cartapesta e scaffalature Ikea da area fieristica di periferia non mi appassiona. Non pagherei 35 centesimi, non 35 euro, per inciampare un passo si e l'altro pure nella oleosa esuberanza pubblicitaria di quel sudiciumaio planetario di Mc Donald's di cui è impestata questa mega kermesse dedicata al buon cibo italiano che, per rimanere in tema, si è già pappata un buco nero cosmico di quattrini, finiti della panza dei soliti noti per vie un po' traverse e non esattamente ortodosse, diciamo così. E, ahimè, temo che non resisterei alla tentazione di prendere a ceffoni il primo guru dell'alimentazione che pronuncia la parola "food" in mia presenza.
E il fatto che il tutto sia stato suggellato da un galà con il solito Bocelli e la solita "Nessun dorma" casomai acuisce, non allevia, la mia orticaria (anche se visto e considerato che per tutti gli Expo prossimi venturi ci sono già quei tre nerd de Il Volo che scaldano i motori, la tentazione di tenersi Bocelli e farselo bastare è un'opzione).
Sappiamo benissimo che, a prescindere dalle patinate immagini che la Rai trasmette a tambur battente, una consistente parte di Expò è ancora un cantiere a cielo aperto (rapidissimi nel mettere in moto i meccanismi corruttivi mangia-quattrini, decisamente più flemmatici nel terminare le opere), e che se non fosse per il commovente volontariato (in realtà lavoro gratis estorto con un espediente o l'altro) di tanti bei giovani saremmo ancor più a caro zio di quanto non siamo, soprattutto in termini di costi stratosferici, attendiamo fiduciosi i miracolosi effetti benefici sul nostro povero PIL in male arnese e sulle tasche degli italiani, che ci sono stati trionfalmente enunciati, anche se in realtà c'è più di un sospetto che non si tratti di tutti gli italiani ma di alcuni italiani, sempre loro, sempre quelli. Nonostante ciò, c'è una cosa che mi disturba pure di più (e non è poco) della grande fiera di quel Made in Italy che finisce più spesso in cronaca giudiziaria che sui depliant turistici del pianeta, di quella Milano da bere (e da mangiare e rutto libero) ovvero il mitico concertone del primo maggio che accade giusto in contemporanea, e che in nome dei lavoratori (che non ho capito quante altre croci devono accollarsi) ci delizia con una sfiancante nonstop che alterna pseudo-beniamini dei "ggiovani" come Emis Killa, chiunque cazzo sia un dissociato che decide di farsi chiamare così, a una tale rimpatriata di vecchie cariatidi (Paola Turci, Enrico Ruggeri e PFM tra gli altri) da far sembrare San Remo il nuovo santuario dei techno-punk.
E qui, onestamente, già mi sento un po' meno Porci con le ali. Fatto salvo per  la leggendaria riga di apertura: "cazzo, cazzo, cazzo".

Nessun commento:

Posta un commento